futuro social network

Fake news, hate speech e cyber bullismo sono solo alcuni dei temi che hanno portato a una crescente attenzione sul tema del diritto di ciascuno di pubblicare qualsiasi contenuto sui propri account social network, in nome della libertà di pensiero, e il suo bilanciamento con altri diritti e interessi meritevoli di tutela.

In questo ambito, il caso del blocco prima, e rimozione poi, dell’account dell’ormai ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, in un momento in cui era ancora in carica, ha suscitato le reazioni più diverse.

C’è stato chi ha esultato, ritenendo che fosse stata tolta a un individuo considerato pericoloso la possibilità di raggiungere istantaneamente milioni di persone in tutto il mondo tramite i social network. C’è chi invece ha sottolineato, a prescindere da apprezzamento per Trump o affiliazioni politiche, l’enorme potere nelle mani dei soggetti privati che gestiscono i social e che prendono queste decisioni, e i pericoli che ne derivano.

Non vogliamo portare argomenti in favore o contro l’operato dei social network nello specifico caso. Dobbiamo però approfittare di un’occasione che ha fatto notizia, per riprendere un tema forse finora troppo poco considerato da molti.

Un grande potere

Dicevamo, le società che gestiscono le piattaforme social hanno un potere e un’influenza insuperabile nella potenziale scelta dei contenuti e dei soggetti che potranno essere presenti sulle loro piattaforme. Ma si tratta di un potere che queste società vogliono?

Può far riflettere che proprio Twitter a dicembre 2019 abbia avviato un progetto per la creazione di uno standard per un futuro social network con un modello open e decentralizzato, che favorirebbe uno scenario più aperto e interscambiabile, in cui nessun soggetto singolarmente detiene il potere di influenzare significativamente i contenuti del network.

social media

Un altro pilastro del progetto è quello della trasparenza degli algoritmi di suggerimento, che quindi permetterebbe a tutti (coloro che hanno le conoscenze per valutarli) di comprendere i meccanismi e i parametri che determinano quali contenuti saranno maggiormente visibili per ciascun utente.

Il progetto si chiama Bluesky


E prevederebbe addirittura una revisione etica delle logiche che dominano i social media. Favorendo contenuti utili e penalizzando quelli creati ad hoc per fomentare odio e divisioni.

Un'approccio "blockchain style" avrebbe su una piattaforma sociale un grande impatto, e prevederebbe naturalmente un grande lavoro dal punto di vista tecnico per essere realizzata.

Il CEO di Twitter, Jack Dorsey è tornato sul tema la scorsa settimana, in relazione proprio agli eventi che hanno portato alla cancellazione dell’account di Donald Trump. Dorsey ha difeso l’operato del social network, allo stesso tempo dimostrandosi ben consapevole delle ramificazioni che la cancellazione di account o di materiali possono avere, e della responsabilità che queste azioni comportano per il gestore della piattaforma.

Il thread è disponibile qui.

Responsabilità appunto, ecco perché un modello open e distribuito in cui nessun singolo soggetto abbia questo potere, sarebbe un win win. Gli utenti beneficerebbero di dinamiche più limpide rispetto ai contenuti che vengono proposti e allo stesso tempo il futuro social network medesimo non si troverebbe a dover decidere in maniera automa eventuali cancellazioni e ban, assumendosi il rischio di conseguenze anche onerose.

Bluesky potrebbe replicare per i social quello che la blockchain ha permesso per le valute. Direi che si tratta di un progetto da seguire con attenzione!

Avv. Cosetta Masi - EOSS Founder

azienda distribuita

Oggi vi parlo di un modello di lavoro diverso, non so dire se sia nuovo, moderno oppure no.

Quello che so è che siamo alla ricerca di persone che la pensano come noi, quindi se al termine di queste righe vi ritroverete nelle parole che leggerete contattateci.

INDICE:

Introduzione

E così sono passati già 6 mesi,

da quando è arrivato il doppio venti ne sono successe di cose

alcune belle alcune meno, ma di quest’ultime se n’è parlato anche troppo, quindi oggi vi racconterò di come

la nostra azienda distribuita ha compiuto un anno.

Eh sì, la nostra amata filosofia di lavoro l’abbiamo già svezzata, ancora molti ci guardano con tanto di occhi quando ne parliamo, pochi osano chiedere di cosa si tratti e i più la ignorano.

C’è anche qualcuno che ci prende in giro, non riuscendo a concepire come sia possibile che talvolta ci prendiamo del tempo per noi in giorni feriali.

Tre nuove collaborazioni

Ma è anche grazie ad essa se quest’anno abbiamo stretto 3 collaborazioni importanti.

- Con Nextcloud, di cui siamo partner ufficiali per l’Italia

- Con Nethesis, grazie alla quale abbiamo arricchito la nostra offerta tecnologica

- E con RIOS, la rete italiana open source per eccellenza

Anche la nostra associazione è cresciuta, Enterprise OSS in tempo covid19 ha raccolto nuove imprese sotto la sua ala e di mese in mese si sono susseguiti webinar informativi sui più svariati temi.

È grazie alla nostra azienda distribuita se riusciamo a viaggiare per formarci dai migliori e lavorare nativamente in modo smart.

Ed è grazie a questo modello di business aperto che diamo e riceviamo lavoro dai partners di volta in volta, offrendo maggiori garanzie ai clienti e ritagliando per noi più tempo per fare ciò che ci rende più completi.

Tra queste attività ci sono gli incontri, le cene e perché no, i team building, magari in compagnia di qualche cabinato, chi è degli anni 70 o 80 apprezzerà.

Chi siamo e come facciamo

Grazie a questo modello possiamo annoverare tra le nostre fila avvocati, fisici, diversi ingegneri, programmatori, coach, comunicatori e tecnici.

Ma se ti sei già bevuto/a queste 300 parole forse ti chiederai cosa concretamente significhi “Azienda distribuita”.

L’origine di questa definizione si perde nelle nebbie di in un giorno d’inverno di qualche anno fa.

Si discuteva delle opportunità offerte da nuove tecnologie come la blockchain e di nuove esigenze come quelle della protezione dell’identità e dei dati personali.

Quella fu la scintilla dalla quale estrapolammo il concetto di distribuzione dell’informazione e provammo a immaginarlo applicato al metodo di lavoro.

Dai vantaggi del dato distribuito su più macchine -> ai vantaggi dell’ azienda distribuita su più professionisti

È così che temerariamente abbiamo iniziato a proporre ad alcuni colleghi di lavorare insieme a noi, cambiando prospettiva.

Un nuovo modello di lavoro

Il modello non è quello del

 

Quello che abbiamo pensato noi è di distribuire davvero il lavoro in base alle competenze di ciascuno, in modo che diversi professionisti, dotati di diverse abilità, potessero, seppure appartenenti ad aziende diverse, offrire a clienti comuni il massimo in termini di affidabilità e conoscenza.

Questo comporta anche il non essere legati ad una sede fisica unica e la possibilità di lavorare in mobilità, da remoto, in videoconferenza.

Non ci sono stipendi o spese fisse. Non ci sono capi reparto o responsabili d’ufficio.

Sapevamo che l’informatica offriva già da tempo gli strumenti più adatti a sviluppare un modus operandi di questo genere, ma sapevamo anche che i preconcetti dei vari professionisti erano il vero ostacolo da aggirare.

Non è facile fidarsi di un collega che entri in casa di un nostro cliente, non è facile affidarsi alle sue conoscenze

 

Non è facile dettare i tempi di lavoro in un “non ufficio”: il luogo di lavoro fisico viene meno e con esso l’abitudine, il ritmo giornaliero.

Non è facile gestire un’azienda così, è vero.

Ma per osare fino a questo punto è sufficiente aver riflettuto su un concetto molto semplice.

Non ho tempo quindi sono dei vostri

La risorsa più importante che tutti noi abbiamo è il tempo e nessuno dovrebbe permettersi di sprecarlo. Soprattutto non per soldi.

Avete mai fatto caso alle domande dei vostri colleghi?

 

L’indicatore di “anno andato bene” è quasi sempre “il fatturato”, è così perché parlare di guadagno è molto più spinoso di solito; ma quando vi è capitato di rispondere a domande in cui l’indicatore di positività fosse un altro:

 

Dunque l’idea è quella di moltiplicare il tempo a disposizione, prendendo in affitto quello di altri professionisti e questo porta a lungo andare ad una soddisfazione economica superiore.

Guadagnare meno e delegare di più oggi, per avere più opportunità di lavoro domani grazie a coloro a cui ho affidato parte del mio lavoro. E nel frattempo ottenere più tempo di qualità per noi.

Per risolvere l’equazione metaforica che al mondo è stata impostata peggio di qualunque altra, serve cambiare l’operazione tra i due fattori.

Il mantra “il tempo è denaro” si traduce di solito in questa equazione:

“Ore di lavoro” x “Costo orario” = Stipendio = Felicità

Ma in realtà l’equazione corretta è

Tempo + Denaro = Felicità

e chi vuole avere [tempo + denaro] deve necessariamente fare qualcosa di diverso da quello che ha sempre fatto.

Tra le soluzioni certamente possibili noi abbiamo scelto l’azienda distribuita.

Se ti interessa saperne di più: iscriviti alla nostra newsletter o scrivici qui info@enterpriseoss.com,

un’altra arma segreta di chi come noi abbraccia questa filosofia è la grande apertura alle nuove idee e a nuovi potenziali collaboratori.

Matteo Marcato - CDS 

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