Oggi è possibile realizzare un DR (disaster recovery) di macchine virtuali su una infrastruttura open e closed, (Es: Vmware) in modo semplice ed efficiente.

Per fronteggiare questa esigenza avanzata da svariati clienti nel tempo, la scelta del prodotto è ricaduta sul sistema di storage distribuito open source Ceph.

Realizzando 2 cluster storage in 2 posizioni geografiche distanti diversi km, è possibile replicare i dischi delle virtual machine (anche Vmware appunto) da un sistema ad un altro e così avere la continuità operativa.

Inoltre è possibile pensare di migrare tutti i servizi di un datacenter privato da una regione all’altra.

Questa attività ci ha coinvolto in diverse occasioni, per consentire di spostare le virtual machines asservite ad alcuni clienti da un datacenter ad un altro.

Il tutto conoscendo il prodotto ed avendo l’opportuno team a supporto e quindi non acquistando licenze software e basta.

Per noi la cosa che maggiormente conta è il supporto tecnico!

Ogni giorno affrontiamo le problematiche dei nostri clienti che cercano di avere sempre di più dal supporto IT.

La scelta del prodotto è fondamentale per poter risolvere i propri problemi in termini di infrastruttura.

Possiamo legarci ad un rinomato prodotto commerciale che ci fa brillare gli occhi offrendo supporto tecnologico mirabolante e demandando a noi solo l’acquisto e la facile gestione, oppure capire come funzionano le cose e scegliere in modo oculato ed opportuno.

Per poter consigliare i nostri clienti ed essere certi della soluzione al loro problema serve una quantità enorme di tempo (tante volte non pagato) per valutare, conoscere e gestire una tecnologia, quindi abbiamo scelto la strada più impervia, ma abbiamo ottenuto ben diverse soddisfazioni, sia in termini di conoscenza che economici.

Perché non trasformare questo tempo in know-how personale sul DR e poterlo valorizzare in modo opportuno?

Questo modo di operare a nostro avviso è possibile soprattutto con i prodotti open source e la nostra associazione Enterprise OSS ci permette di avere un confronto tra più professionisti, al fine di evolvere velocemente in questo mondo informatico sempre più complesso.

Proprio per questo nel corso degli anni mi sono dedicato a capire come funzionassero i sistemi di storage per gli ambienti di virtualizzazione.

Parlando con molteplici aziende che vendevano tecnologie di questo tipo in diverse occasioni mi sono imbattuto in prodotti non maturi, banali o peggio, che non svolgevano il compito per cui erano stati concepiti come si deve.

Questo per sottolineare che anche il mondo closed non è affatto perfetto. Un prodotto anche se ne paghi la licenza di utilizzo, non è detto che sia ben funzionante… Purtroppo.

Il mondo Open invece ha un grande vantaggio, ci permette di valutare in modo più approfondito il prodotto e con le opportune capacità tecniche intuirne la bontà e lo stato di evoluzione.

Storage distribuito (non Ceph), una storia vera

Vi riporto un’esperienza personale, partendo da sistemi tradizionali che tutti voi conoscete mi sono avventurato nel mondo dello storage distribuito nel 2013.

Il prodotto in questione era Sheepdog, l’idea era buonissima, abbiamo partecipato anche al primo meeting ad Hong Kong e conosciuto gli sviluppatori.

Il sistema era ancora immaturo per alcuni aspetti, ma nonostante tutto per due anni ci ha fatto lavorare egregiamente in un piccolo datacenter.

Da qui l’evoluzione tecnologica e l’impegno personale ci hanno portato alla conoscenza di Ceph.

Ora il prodotto Ceph è indiscutibilmente il leader nel settore open source e non solo, ne abbiamo parlato qui, qui e qui.

Per chi ha poco tempo per la lettura consigliamo il podcast del nostro blog e vi rimandiamo a questo link: https://www.spreaker.com/user/enterpriseoss.

L’evoluzione sistemistica personale mi ha portato a poter gestire nodi e cluster anche geografici senza dover avere grandi software house alle spalle. Il vero business lo fanno il supporto ed i tecnici che seguono questo sistema.

Non vorrei addentrarmi nella descrizione della tecnologia, ma quello che voglio riportarvi, esperienza maturata sul campo, è che adottando questa tecnologia di storage opensource gratuito è possibile realizzare con poco sforzo DR geografici in ambiente Vmware e Kvm.

E cosa di non trascurabile rilevanza: il tutto è spesso alla portata delle proprie risorse, anche economiche.

Al contrario la scelta di uno storage “classico” comporta spesso un lock-in e la completa revisione della infrastruttura IT, per poter pensare ad un DR sicuro, efficiente e di facile implementazione e gestione.

Spero con questo breve articolo di aver stimolato la curiosità di chi ha necessità di implementare infrastrutture simili.

Per approfondimenti:

le tecnologie menzionate sono Ceph, Kvm, Vmware, Proxmox, iSCSI, Rbd.

Ing. Alessandro Bolgia

disaster recovery

Notizia di questa settimana da fare accapponare la pelle:

https://www.dday.it/redazione/38814/ovh-e-il-datacenter-in-fiamme-perche-puo-succedere-e-perche-i-dati-sono-persi-per-sempre

Per chi non ha voglia di leggere l’articolo al post qui sopra riassumiamo in poche righe cosa è accaduto:

“..Ieri è andato a fuoco uno dei più grandi datacenter europei: una intera ala di OVH è stata devastata dalle fiamme e tutto quello che era sui server è andato in fumo. Chi non aveva previsto un disaster recovery plan ha quasi sicuramente perso tutto. Può succedere, vediamo perché.”

La frase finale è inquietante ma reale e nell’articolo si argomenta proprio del perché, seppur di rado, questo evento possa accadere.

Noi però vorremmo concentrarci su un altro tema.

Prendo a prestito la metafora della “mela marcia”, che uso spesso dal giorno in cui un mio caro amico e maestro di comunicazione me la espose per la prima volta.

Tutti noi veniamo attirati da luci e cotillons, almeno quanto dai prezzi da urlo, dai servizi all in one per un tozzo di pane o dalle promesse di performance invidiabili in offerta, ma non ci ricordiamo mai di guardare il retro di questa offerta, nella metafora della mela.

Bella, rossa, irresistibile quando guardata di fronte.

Come una Biancaneve digital dei nostri tempi vogliamo mordere il frutto che ci viene offerto, ma non ci preoccupiamo delle conseguenze, non pensiamo che possa essere avvelenata o più semplicemente marcia sul retro.

Naturalmente lungi da noi fare dei paragoni così poco lusinghieri con i servizi offerti da OVH ai propri clienti, il nostro intento è far riflettere su quale sia il costo di un dato perduto o di un disservizio prolungato.

La questione è quanto siamo disposti a rischiare pur di risparmiare?

Ma abbandonando le metafore e le prediche facciamoci una domanda più importante.

È possibile ad oggi proteggerci davvero da eventi così infausti e catastrofici con un piano di disaster recovery serio?

La risposta è sì e vogliamo aggiungere che si può fare senza spendere un patrimonio in licenze, software proprietari hypertech e ferro mega carrozzato.

Mi rivolgo all’IT manager che vede lontano e che vuole davvero offrire un servizio di livello ai propri clienti, senza disservizi, senza perdita di dati.

Oggi con tecnologie come Ceph e Proxmox, entrambi prodotti open source, supportati e assistiti da professionisti è possibile crearsi un datacenter personale, ridondato geograficamente e a prova di incendi e bombe.

“Dice, la fai facile, come al solito è solo una questione di soldi”.

No non si tratta di questo, è una questione di competenze e professionalità e di assistenza e di test di disaster recovery ecc.. ecc..

Mettere in piedi un sistema del genere con il vantaggio dei prodotti open e addirittura di hardware refurbished per certe tipologie di dati, (che non necessitano della prestazione spinta per essere acceduti), può davvero essere alla portata anche di tasche non particolarmente piene.

Naturalmente non ci si può improvvisare, serve una consulenza mirata, quello che si pagherà sarà il know how di chi ci aiuterà e la successiva assistenza.

Vorresti avere un sistema informativo ridondato che ti faccia dormire sonni tranquilli, anche a fronte di eventi catastrofici?

E avere qualcuno da chiamare in caso di necessità, non solo per la manutenzione ordinaria, che fa già i 3/4 del lavoro, ma anche per “tirare su tutto” nel momento del bisogno?

Oggi puoi averlo grazie al team di Enterprise OSS.


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